Canto del Botticino

LOADING

I

canto del botticinoZucchero Botticino, bianco e buono, perché vanno cavandoti dal monte, e trascinano via, senza perdono, le tue zollette gigantesche e lente? Perché t’ hanno assaggiato, e preferito al dolce del buon zucchero apuano, che piacque a chi scolpì quell’infinito, dolente ed accasciato Nazareno. Ti hanno preferito anche al granito, e a pietre d’Istria e Trani, e al calcare: che sia perché, a Roma, ha addolcito, quel bel cuoco baffuto, il tuo sapore? Per la tua scelta, che daffare ansioso, lettere, esami, viaggi su e giù. Scavare pietra è molto faticoso, ma forse, la politica, di più. Adesso t’hanno scelto, e tu sarai la pasta d’un’immensa impresa edile, come, in Italia, non s’è vista mai: il primo monumento nazionale. Anche per questo, fare il progetto, è stata un’impresa tormentosa, perché vario e volubile è il concetto, mentre la pietra è una cosa precisa. Per lavorarti, poi, qualche bresciano prenderà il treno per la capitale, e dopo un poco si farà romano: il Tevere è un Rino con più miele. Un Angelo, con punte di scalpelli, ti abbellirà di angeli civili, ti riempirà di dotti indovinelli, di processioni eroiche e colossali, di antichi condottieri e di vestali.

II

canto del botticinoPane di Botticino, buono e bianco, perché ti van cavando dalla cava? Perché ti piantano cunei nel fianco e ti tagliano a fette con la leva? Laggiù c’è un re che ha fame di gloria, è morto, eppure siede sul cavallo, è morto, però mima una vittoria, è morto, ma sta dritto sulla sella. C’è gente che ha gran fame di memoria, vuole che tu la nutra e che la sazi, vuole farcirti di senso e di storia, di allegorie, e metafore, e giudizi. E altra, poi, che ti vuole imbottire con il corpo di un milite ignoto: forse anche a lui, il motivo di morire, quando morì, rimase sconosciuto. Lo porteranno in treno, un funerale lungo e lento, di cento stazioni, fra molta commozione generale, di uomini, di donne e di bambini. Sarai un pane smisurato, enorme, anzi, una torta, e per farti luogo cancelleranno antichissime orme, su vecchie storie tireranno un rigo. Ti metteranno otto cavalli in cima, angeli, e carri, e segni di vittoria, e sotto, a dispetto della rima, una gran statua molto statuaria. Ecco perché a fette t’han tagliato, coi fili, come fossi una polenta: invece sei un pane prelibato, di pasta fina, bianca, pura, e tanta quanta ne serve per la torta santa.

III

canto del botticinoSale di Botticino, forte e bianco, perché in grossi grani te ne vai giù per la lizza e su con il paranco, sul carro trascinato da sei buoi? Un giorno dopo l’altro sei scavato, anche se piove, forse per paura che tu scivoli sciolto, giù a Rezzato, come la neve nella primavera. Un poco d’altro sale dà sapore a fette di polenta e a peperoni, e, nonostante sgobbino da ore, si sentono gridare dei bambini. Poi te n’andrai sul treno, piano piano, bianchissima fatica del carbone, giù lungo lo stivale, là lontano, fino alle sette colline romane. E sarai sale di una terra stanca, slavata dalle guerre e da poteri, dal sangue rosso e dalla peste bianca, pirati, papi, barbari guerrieri. E sarai sale di un giovane stato diviso fino a ieri in cento parti: paese nuovo e molto delicato, di virtù e diritti ancora incerti. Perché duro è cavare pietra bianca dalla montagna, ma più duro ancora fare democrazia là dove manca, e dare libertà dove non c’era. Sciogliti lentamente, Botticino, sciogli il tuo sale bianco e sapiente in questo Stato ancora un po’ bambino, rendilo saporito e intelligente, disciogliti in lui, liberamente.